Gli amplificatori in classe D sono amplificatori prettamente digitali, si sono affermati nelle applicazioni audio principalmente per l’elevata efficienza (100% sebbene la tendenza dei costruttori sia intorno al 90% per mantenere bassi i costi di produzione).
In pratica sono amplificatori a commutazione che si occupano solo di impulsi e pertanto in questo utilizzo devono essere sempre preceduti da uno stadio di conversione analogico/digitale per poi far giungere il suono agli altoparlanti mediante una riconversione digitale/analogica. Oltre a qualche filtro il primo stadio ospita almeno ADC o un PWM ed è necessario per trasformare il segnale audio analogico d’ingresso in un treno di impulsi PCM (Pulse Code Modulation) i quali si susseguono più o meno densamente nel tempo in modo tale da generare un valore medio proporzionale all’andamento del segnale originale.
In questo modo i dispositivi di potenza lavorano solo su impulsi di forma d’onda nota perché prefissata e calibrata a priori proprio per massimizzare il rendimento dell’amplificazione. All’uscita, il treno con gli impulsi amplificati viene riconvertito da un DAC nella forma analogica adatta per la riproduzione dagli altoparlanti. Le prestazioni di questo sistema dipendono essenzialmente dalla risoluzione con cui il segnale analogico viene campionato e dalla velocità con cui viene convertito in impulsi dato che la riconversione finale è oggi una fase generalmente considerata a elevata precisione.
In genere la risoluzione iniziale è considerata ottima se effettuata a 32 o 24 bit che corrispondono a una gamma dinamica di 194 e 144 dB e con questi valori occorrono PWM con velocità di almeno 192 kHz, ma nei sistemi hi-fi per l’elettronica consumer si vuole più ragionevolmente utilizzare dei valori più convenienti e capaci di rendere competitivi sul mercato gli apparecchi audio e cioè 12 o 16 bit di risoluzione con circa 100 kHz e 100 dB per la velocità di commutazione e la risposta dinamica. Inoltre, nella banda audio tipica che va da 20 Hz a 20 kHz la distorsione armonica totale è considerata hi-fi quando è inferiore a 0,1% ma oggi quasi tutti gli amplificatori in classe D hanno THD tipiche di almeno 0,01% e quindi la purezza armonica è ampiamente garantita.
Se le prestazioni hi-fi non sono prioritarie allora il mercato offre anche amplificatori in classe D con THD più alte ma compensate, per esempio, da migliori caratteristiche in termini di efficienza energetica o di contenimento dei consumi. Un altro parametro utilizzato spesso per descrivere le prestazioni degli amplificatori audio è il PSRR, Power Supply Rejection Ratio, o rapporto di reiezione della tensione di alimentazione che serve a quantificare la variazione della tensione media di uscita al variare della tensione di alimentazione che può essere un po’ irregolare soprattutto negli impianti elettrici a bordo auto. Più alto è il PSRR in dB e più stabile è la tensione di lavoro nei transistor e di conseguenza altrettanto migliore è la qualità del segnale audio amplificato.
Ma i vantaggi di questa evoluzione tecnologica non sono solamente di tipo prestazionale ma anche pratico, pensate che questi moduli hanno a bordo già l'alimentatore (di tipo switching ovviamente), pesano in tutto 170 gr. con un ingombro di 8 x 11 cm. e senza neppure doverci preoccupare della dissipazione del calore in quanto, come abbiamo già descritto sopra, la tecnologia a commutazione permette dei rendimenti così alti che la potenza dissipata è quasi nulla.
Un esempio dell'integrazione di questa nuova tecnologia sul mercato degli hi-fi lo abbiamo con Bang & Olufsen che ha adottato in diversi suoi prodotti i compatti moduli della ICEpower, lo stesso che troviamo anche nei Puma Bass Combo della TecAmp, ma la tecnologia D-Class ormai è presente già da qualche anno anche nella nuova serie più economica Mustang di Fender.
Insomma, per coloro che amano il progresso come noi, non potevamo non segnalarvi questa novità del settore audio che siamo certi coinvolgerà sempre di più il mondo dei musicisti.